Stare nel qui ed ora. Vivere il presente. Non preoccuparsi inutilmente di ciò che non sappiamo se accadrà o meno. Sono solo consigli da buon amico o esistono pratiche capaci di “mettere a terra” questo stato? La pratica della Mindfulness ha l’obiettivo di portare e spostare l’attenzione al momento presente attraverso un processo che coltiva la capacità di portare consapevolezza e accettazione del momento attuale.
La parola mindfulness è la traduzione inglese della parola “sati” che in lingua pali, una lingua indiana ancora oggi usata come lingua liturgica del buddhismo theravāda, significa consapevolezza, attenzione, “presenza mentale”. Solitamente in italiano il termine non viene tradotto poiché si riferisce prima di tutto ad un’esperienza diretta difficile da descrivere a parole, che implica consapevolezza e attenzione ma in maniera particolare (Giommi, 2012).
Jon Kabat-Zinn, considerato il pioniere dell’approccio Mindfulness, la definisce come “la consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento dopo momento”. L’obiettivo della Mindfulness è quello di eliminare la sofferenza inutile, coltivando una comprensione e accettazione profonda di qualunque cosa accada attraverso un lavoro attivo con i propri stati mentali. Secondo la tradizione originaria, la pratica della Mindfulness dovrebbe permettere di passare da uno stato di disequilibrio e sofferenza ad uno di maggiore percezione soggettiva di benessere, grazie ad una conoscenza profonda degli stati e dei processi mentali.
Un po’ di storia. Nasce tra la Cina e la Grecia, in un periodo compreso tra 2800 e 2200 anni fa. Ma anche il monoteismo di Zarathustra in Persia, il Giainismo di Mahavira e Parshva e il Buddhismo in India, il Confucianesimo e il Taoismo in Cina, gli insegnamenti dei profeti ebraici in Palestina e la filosofia greca sono tutte tradizioni che hanno contribuito a mettere a fuoco ‘una pausa di libertà, un respiro profondo che porta con sé una consapevolezza estremamente lucida’ (Amadei, 2013) – in una parola, ciò che oggi in Occidente va sotto il nome di Mindfulness. In Occidente si diffuse negli anni settanta grazie a Jon Kabat-Zinn, cognitivista dell'università del Massachusetts, che ha fondato nell'ateneo la Stress Reduction Clinic il Center for Mindfulness in Medicine. Kabat-Zinn ha sviluppato quella che chiama "riduzione dello stress basata sulla mindfulness", una terapia alternativa per una serie di disturbi spesso difficili da trattare. Nei primi anni Duemila, il concetto di mindfulness è diventato di colpo popolare, acquisendo ben presto molti significati differenti e molti approcci terapeutici diversi.
Esoterismo o Scienza? La ricerca negli ultimi decenni ha collegato pratiche di mindfulness a un'incredibile gamma di possibili benefici per la salute. Essere in accordo col mondo circostante può garantire un senso di benessere, secondo quanto affermano alcuni studi. Moltissime ricerche mettono in correlazione la mindfulness con un miglior funzionamento cognitivo. Uno studio suggerisce anche che possa conservare le estremità dei nostri cromosomi, che si perdono con l'invecchiamento.
Eppure molti psicologi, neuroscienziati e esperti di meditazione hanno paura che le esagerazioni propagandistiche superino la scienza. In un articolo pubblicato su "Perspectives on Psychological Science" nell’ottobre 2017 si afferma che nonostante la sua popolarità e i suoi presunti benefici, i dati scientifici sulla mindfulness sono assolutamente carenti. Molti degli studi su mindfulness e meditazione, scrivono gli autori, sono mal progettati, indeboliti da definizioni incoerenti della mindfulness e spesso privi di un gruppo di controllo per escludere l'effetto placebo.
Eppure due studi clinici pubblicati sempre nell’autunno 2017 su "Science Advances" supportano le pratiche di mindfulness. Il primo ha scoperto che l'allenamento dell'attenzione di tipo mindfulness riduce lo stress auto-percepito, ma non i livelli dell'ormone cortisolo, un indicatore biologico comunemente usato per misurare i livelli di stress. L'altro studio mette in relazione l'allenamento dell'attenzione di tipo mindfulness con un aumento dello spessore della corteccia prefrontale, una regione del cervello associata al comportamento complesso, alle decisioni e alla personalità. Gli autori hanno suggerito ulteriori ricerche sul possibile significato clinico di questi risultati.
Insomma, la querelle resta aperta. Eppure un dubbio ci resta. Ma quanto conta il grado di benessere individuale di una persona durante la pratica della Mindfulness ai fini del benessere della sua vita complessiva. Per noi moltissimo. Ma forse in molte ricerche questo parametro qualitativo difficilmente si può catturare.
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